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Domenico Franceschi, animatore culturale

 

intervistatori: .. lei fu parte in causa, assieme al critico d’arte Salvatore Fazia, al pittore Sergio Zen e alla professoressa Gabriella Pozza nonché al grafico pubblicitario Nicola Russo, di quella avventura di ribaltamento estetico avvenuta tra il 1971 e il 1972 che rimescolò coscienze, ottiche, umori e quant’altro nei fotografi del Circolo del Dam e li spinse a mettersi in sintonia con le produzioni artistiche più aggiornate di quel periodo e ad operare di conseguenza entro quel clima culturale … per inciso sembra che lei sia stato per un periodo anche il presidente di tale Circolo … anzi di Fotoricerca ..

Franceschi: .... mi sembra di sì … in verità spesso succede che nel mentre si vive un evento vi si è talmente immersi da non capirlo del tutto .. quello di Fotoricerca lo capisco, e in parte, solo ora in occasione di questa commemorazione … si riesumano ricordi rimossi .. credo oggi che in sostanza quello fu un sorprendente incrociarsi di varie ingenuità … sante ingenuità … la mia e la loro … la mia era fatta di candore e passione civili, di amore - se è ancora ammesso usare un simile termine obsoleto che sa di vecchi merletti - per la mia comunità … io ingenuamente puntavo a liberare gli altri da quelle che io giudicavo le loro ingenuità … cioè condizioni dello spirito di orizzonti ridotti .. cosa perfettamente giustificabile dato il contesto sociale in cui vivevano .. anzi vivevamo .. e anzi per certi versi ancora viviamo qui  … una condizione a cui pensai si doveva, se si poteva, por rimedio … ma da farlo rispettosamente senza intenti pedagogici né salvifici da vate nei riguardi di chicchessia   .. con nessun intento quindi di fare da guida ideologica ma solo di attivare analisi di ognuno su se stesso  .. e poi ognuno facesse quanto gli dettava la sua mente … o il suo cuore …

interv: intenderebbe forse sottintendere che quelli erano più ignoranti che ingenui e anche un po’ montati?

Franceschi:  beh io non ho ancora trovato qualcuno che non sia ignorante in qualcosa .. non si può sapere tutto … quindi se l’aggettivo ha significato oggettivo mi sta bene … se ha significato valutativo allora no … ingenui è più un complimento che un giudizio spregiativo … e montati … mah in quei tempi che defluivano dai fasti più o meno fastosi del mitico ’68 eravamo tutti chi più chi meno dei montati .. c’era, è vero, molto semplicismo in queste cariche esistenziali ma rispetto alle coltri di cenere artificiose ed elusive di oggi esse avevano un elevato tasso di nobiltà .. sì … sbagliate o giuste contenevano tutte una propria etica sociale oggi del tutto scomparsa … avremmo quindi il coraggio di prenderle per robetta rispetto ai mastodontici nulla attuali del consumismo becero? … solo che per far loro perdere le loro ingenuità cioè le virginee frequentazioni della vita e di conseguenza dell’arte si doveva passare proprio per l’anatomia e anche l’autopsia di certe loro strutture mentali .. ecco si doveva far saltar per aria qualche loro istituzione  interna … come ad esempio quel monumento concettuale ed emotivo che per loro era l’oggetto  .. . oggetto ingenuamente percepito come realtà oggettiva

interv: .. quindi vi proponeste di depurarli dall’ingenuità di credere che il mondo esterno esistesse uguale per tutti e di fargli capire che ci sono tanti mondi quanti sono gli abitanti del pianeta … ?

Franceschi:  grosso modo oggi la si può vedere anche così ma non era che tra noi fomentatori di passioni nuove fosse stato approntato e concordato un programma a priori … si andava avanti in progressione come le situazioni suggerivano e permettevano rispettando i tempi di evoluzione di ognuno … almeno per quanto mi riguardava … certo l’operazione più complessa e delicata era quella di far dissolvere dal loro immaginario personale un po’ di quelle ingenuità estetiche di cui sopra passando attraverso una analisi cautamente critica dell’immaginario collettivo in cui avevano vegetato le cose .. con l’intento di un superamento del passato pur nel pieno rispetto di esso … ad esempio rendere conto attraverso discussioni e litigi che essi potevano arrivare alla maturazione della loro arte e dei prodotti conseguenti solo spazzando via una buona parte degli invadenti luoghi comuni della loro infanzia e adolescenza    per farlo bisognava andare contro vecchie teorie dell’arte come quella di Croce che riteneva l’opera d’arte un oggetto ideale … no … essa doveva essere vista come qualcosa di comprensibile solo all’interno di un processo fondativo al quale prendono parte sia l’artista sia il fruitore e come prodotto finale di una concatenazione di momenti connessi alle capacità individuali percettive, affettive ed intellettuali e poi tecniche di abilità nel manipolare la materia grezza specifica 

interv:   quindi siete partiti dall’arte moderna del secolo scorso che ha puntato alla dissoluzione dell’oggetto veristico attraverso astrattismi, surrealismi, gestalt, gestuale, pop, optical … forse anche happenings, situazioni, allestimenti eccetera eccetera …?

Franceschi: .. boh non so se nelle nostre esperienze ci fu tutta quella roba lì che correda caoticamente le stanze dell’arte del XX secolo … comunque sia .. io mi ero e sono convinto che l’oggetto sia sempre stato considerato, prima di Kandinskij e compagnia, un totem da cui era inimmaginabile prescindere … e i nostri fotografi del Circolo in linea obbligata con le poetiche prekandiskijane non potevano essere esenti da quel condensato concettuale che fa credere positivisticamente che la realtà - cioè i suoi oggetti - esista veramente in sé .. noi si spiegava che, anche per le nuove nozioni che la scienza, la fisica quantistica, la psicoanalisi, lo strutturalismo eccetera andavano divulgando … si spiegava che ciò che ognuno vede è una sua proiezione mentale legata ai suoi sensi, alle sue esperienze vissute, al contesto, alla sua cultura … cioè ognuno di noi fa selezione … sceglie o crea il suo oggetto … da questo relativismo visivo e cognitivo si apriva la strada all’allargamento delle potenzialità creative ..  

interv:… un relativismo totale … sensoriale e mentale … nel bene e nel male? … nulla esiste? … ma una martellata su un dito esiste o no?

Franceschi: … eh là là giovanotti! .. cerchiamo di restare nei nostri ambiti .. il dilemma se la realtà e pure il tempo esistano è faccenda di livelli che non ci competono qui … i nostri proclami di tal genere erano uno strumento dialettico provocatorio finalizzato a scrostare i loro fori interni … e anche i nostri per la verità … se facemmo crescere qualcuno anche noi crescemmo … fu utile far presente che la materia grezza .. un oggetto come pure un evento o una emozione pur memorabili … non ha autonomamente  di per sé un qualsivoglia contenuto artistico … se divenne ovvio che nell’arte fotografica c’è - c’era - solo di sicuro l’enorme potenzialità della gelatina d’argento il bello viene quando devi passare dalla potenzialità all’atto produttore di qualcosa … insomma la prima fase del clic della macchina fotografica sulla realtà è un momento quasi irrilevante rispetto al lavoro creativo del dopo in camera oscura o al PC…

interv:  … e allora doveste fare una specie di corso di storia dell’arte moderna?

Franceschi: .. beh sì … io per quanto mi riguardava essendo il meno addetto ai lavori nel campo dell’estetica mi ero tenuto entro una linea discorsiva su quegli immani cambiamenti che avrebbero dovuto interessare specialmente la prassi del nuovo circolo chiamato Fotoricerca … buttai lì spesso in modo estemporaneo quello che sapevo o credevo di sapere su quei temi  …. ricordo grosso modo qualche mia riflessione di quelle serate .. magari del tutto approssimativa ma in quelle occasioni si andava avanti tra rigori critici e galoppanti travisamenti inconsapevoli … dicevo che fino al XIX secolo, fino all’impressionismo, gli oggetti formanti la realtà che ci circonda erano per l’artista una specie di fortino da assediare e magari da penetrare in tutti i suoi aspetti, significati simbolici eccetera senza mai però conquistarlo … c’era una specie di fair play tra artista e realtà …anche nei casi estremi .. in Bosch, in manieristi come Arcimboldi, in visionari come Füssli, in simbolisti come Redon, in onirici come Kubin e così via l’oggetto era riconoscibile ed era sostanzialmente rispettato anche se del tutto manipolato .. anzi del tutto amato come indispensabile .. l’artista lo attaccava ed esso resisteva … ognuno dei due svolgeva la sua parte .. insomma i due erano sulla stessa barca in una condizione di parità orizzontale … o su un ring .. ognuno svolgeva con pertinenza il proprio compito … in nome dell’arte e del mercato … ma agli inizi del XX secolo, in un gioco incessante di scambi tra razionalismo e irrazionalismo, a partire da Kandinskji, da Klee, dal cubismo, dall’espressionismo, dal futurismo, dal suprematismo etc .. insomma con l’avanguardia l’idillio tra artista e oggetto si infrange brutalmente con l’arrivo e il diffondersi dei comandamenti nichilisti … forse anche l’affermarsi della fotografia e la conseguente messa in disparte di certa produzione figurativa contribuirono alla crisi dell’arte veristica del ritratto e delle commemorazioni patrie o colonialiste o socio-politiche o imprenditoriali .. quell’epoca era finita tranne a rimanere in alcuni angoli non trascurabili del mondo come ad esempio nel lirismo sentimentale consolatorio delle iconografie religiose oppure in modo più spettacolare presso l’arte ufficiale di dittatori piccoli e grandi consumatori e distributori di scene trionfalistiche con fini autopromozionali e quasi sempre intimidatori .. premesse di tragedie umane di massa … pensiamo ai quadroni dei vari realismi ideologici … oh intendiamoci non è che il verismo anche se di propaganda non abbia più avuto elementi di alta suggestione artistica … ma i nostri fotografi non avevano nulla da guadagnare persistendo su quei filoni …

interv: .. dunque lei negherebbe valore all’arte realistica e popolare .. ?

Franceschi: .. quando mai … l’arte spontanea ha tutto il mio rispetto finché non fa l’occhietto al mercato, non fa propaganda o  non si fa furbescamente dotta … essa se non tiene tra i propri ingredienti una giusta dose di paradosso e di humour scivola nell’accademia o nel kitsch .. ordunque continuando su quelle mie lectiones non magistrales … siamo dunque storicamente alla rivoluzione contro l’oggetto … dopo una lunga battaglia durata decenni nel secolo XX la faccenda si risolve - almeno stando ai dati di quel tempo del mercato mondiale che le varie mostre, esposizioni, biennali testimoniavano - si risolve con la vittoria dell’artista sull’oggetto … una vittoria schiacciante … l’oggetto è spazzato via .. se rimane qualcosa di esso non è cosa che mantenga una sua dignità ontologica .. nella pop art ad esempio permane in quanto intrigante enormità … pensate alle rasoiate chirurgiche sulla tela di Fontana o ai barattoli di Manzoni  … sono passati i tempi del fair play .. l’artista è il dominatore assoluto dell’oggetto … ne fa un suo servo, un suo irrilevante dipendente entro i tortuosi meccanismi del suo fare arte e l’artista si convince di essere la misura di tutte le cose … il suo rapporto con il mondo è quello di un demiurgo che crea la realtà circostante .. ogni cosa che lui osserva è in quel momento il centro del mondo … solo dopo averne dissolto l’aspetto esteriore e l’essenza intima l’artista concede all’oggetto sacralità tale da poter essere collocato all’interno del suo pantheon personale di immagini e di parole a futura memoria … così grosso modo sostenevo … con tanta buona volontà quanto, sospetto, con scarsa pertinenza disciplinare .. del resto essendo ben cosciente di non parlare in un consesso di specialisti potevo permettermi di cianciare a braccio e di affrontare certi temi in un modo baldanzosamente artigianale …

interv  … perdiana! … non ci resta che prendere atto della sua sincerità caro Franceschi .. in fondo furono comportamenti comunque encomiabili in quanto dettati da intenti del tutto onorevoli esenti da piccoli interessi personali o di bottega per non dire politici .. nevvero? … ora se ci permette siamo arrivati alla rivoluzione tecnica dei mezzi digitali … fotocamere … videotelefonini …che ci dicono le sue fissazioni sull’oggetto?

 Franceschi: … è la terza rivoluzione! …. siamo arrivati all’era neo-pop … l’oggetto anzi gli oggetti sono tornati ad essere verità inoppugnabili … forti del loro numero e della loro repentinità … un clic e via .. un clic e via …e il marchingegno non ha più problemi di messa a fuoco, di esposizione … tutto automatico … puoi entrare in bocca a un morente e contargli i denti cariati senza difficoltà tecniche né pietas datata… quindi ecco il trionfo … giù la testa e adieu …essi sono diventati una realtà tirannica con cui nessuna mediazione è più possibile .. essi comandano se non altro quantitativamente .. si pensi a quante immagini nascono in questo preciso momento .. forse qualche milione … non c’è nulla da fare .. stanno proliferando attorno a noi tumultuosamente senza preoccupazione alcuna … ebbene mi pare che in questo bailamme al massimo di quantità visiva faccia riscontro il minimo di comunicazione … e di comprensione .. bohh … dunque siamo finalmente arrivati dal monumento emotivo dell’oggetto, alla sua icona incontrovertibile .. all’indicibilità che sta nel loro abnorme numero che popola il nostro immaginario collettivo .. sono come orde neobarbariche a cui non puoi opporre nulla … siamo alla rivincita dell’oggetto … la sua vittoria sembra definitiva su di noi in quanto obbligati fruitori … al posto delle emozioni formali ci sta l’istantanea lampeggiante a cui seguono in successione continua il fotodocumento pettegolo, l’elegante proposta pubblicitaria, il fotoreportage di uomini nudi accatastati a mucchi sotto i lazzi sorridenti di superdonne e di superuomini in cui la fotocamera alimenta con la sua presenza il peggio oppure di altri uomini imbacuccati come pagliacci neri che arrogandosi il diritto ad un giudizio di Dio sgozzano qualcuno .. però lo fanno ieraticamente … cosa vuoi di più dalla realtà .. dal realismo?  ecco .. le ingenuità estetiche che noi maestri avevamo combattuto negli anni ’70 si sono prese la loro rivincita .. stanno trionfando ovunque finalmente .. hanno sbaraccato ogni preoccupazione .. finalmente il clic immediato ha vinto il suo duello col dopoclic .. quello dell’elaborazione meditata    

interv: oh Dio sì sì …anzi no no .. affascinanti ed intriganti anche se, mi conceda, un po’ spericolate queste sue generalizzazioni … guardi che le rielaborazioni nel PC delle immagini digitali stanno diventando oggetti artistici di tutto rispetto … eh sì …

Franceschi: .. oh sì .. non c’è alcun dubbio … almeno per noi del mondo ricco di superfluo … ho visto prodotti accurati e sofisticati .. intelligenti anche presso alcuni dei nostri fotografi … bene .. questo però conferma che per far qualcosa di buono il bruto atto del clic non serve molto … ci vogliono ancora un  prima e un dopo …   

interv: … ma tornando per finire a Fotoricerca …. com’erano i fotoamatori di quel periodo che lei, anche come presidente, ha conosciuto?

Franceschi: beh su questi temi, sull’analisi personale di ognuno di loro, non serve che mi dilunghi .. essa è meglio fatta in diretta quando i protagonisti si delineano nelle loro interviste .. però al di là degli aspetti artistici di tutta la faccenda mi sento alla fine in dovere di soffermarmi su una caratteristica particolare di quel gruppo … sulla sua essenza profonda … sulla sua anima come diceva Elio Rossato … eccola qui … mandato in soffitta l’oggetto essi si trovarono in una situazione di assoluta libertà creativa e potevano prendere innumerevoli strade e dedicarsi a varie forme di immagini trascurando ogni preoccupazione riguardo ad eleganza, buon gusto, coerenza, etica eccetera … potevano ma non lo fecero … la loro liberazione dalla schiavitù dell’oggetto veristico prese la strada delle forme di una casta eleganza improntata a rigori classicistici che si negò agli estremismi visivi … quindi niente perversioni, terrorismi, vezzi snobistici, pornografia, indulgenze all’orrido o al macabro, a necrofilismi etc .. tendenze che anche se in modo meno pressante che nei tempi successivi aleggiavano già nelle atmosfere dell’arte di quei periodi … insomma  alcuni per rispetto del nostro Dio, altri per rispetto della Dea Ragione, altri per rispetto del prossimo con l’idea che l’arte doveva servire sia all’autore sia al fruitore per far crescere in finezza, in sapienza e quindi in saggezza tutta la collettività si astennero tutti dagli effettacci facili se non turpi …  sì … noi eravamo in fondo tutti dei bravi ragazzi … il che forse non è la cosa meno importante in tutta questa storia …