Michelangelo
Cavattoni, fotografo
intervistatori: ..
caro ingegner Cavattoni lei è stato, tra i fotografi, uno dei
protagonisti più attivi e consapevoli nella rivoluzione estetica del 1971-72
definita per comodità quella di Fotoricerca .. ma chi glielo ha fatto fare di
darsi in quegli anni così perdutamente alla fotografia?
Cavattoni: ..
io, come altri, venivo da quelle fotografie di tipo tradizionale e ne
avevo una barba spaventosa .. non ne potevo proprio più a guardare le mostre al
Dam .. ho sempre in mente la storia di una gita che avevano fatto a Pellestrina
le cui foto vidi in mostra e 4 o 5 persone avevano fotografato tutti la stessa
vecchietta che cucinava in strada … c’erano solo angolazioni diverse …
basta vecchiette! … ero stufo e ho cominciato a mettere le mani sul processo
di stampa … fu una svolta e in casa mia ancora si lamentano che da quel
momento non ci furono più foto di famiglia, bambini, compleanni ..
interv: … quindi lei
entrò nel club prima del 1971 e prima dell’inizio dell’opera e dei
contributi dei cosiddetti maestri
della rivoluzione estetica ...
Cavattoni: ..
no .. prima no .. in contemporanea .. il momento della mia svolta ha
coinciso con l’incontro nel club di uno di tali maestri
… mi sembrò una specie di raggio di sole … ricordo.. si erano
proiettate delle diapositive … alcune anche mie .. tutte belle e tutte vecchio stile .. alla fine si alza un
tale .. era Fazìa .. e dice
quattro parole sugli autori e anche su di me … io che per lui ero un perfetto
sconosciuto mi sono sentito radiografato … qua, mi son detto, c’è uno che
mi spiega cose mie che io neanche sapevo ci fossero .. questa è stata la molla
che mi ha fatto decidere di aderire al club .. sono rimasto affascinato dalla
cosa … significava che esisteva il modo di mettere fuori delle immagini per
parlare di sé .. fu in quella
serata che il professor Fazìa aveva cominciato ad enunciare quei concetti che
dopo ci avrebbero guidato per tanto tempo .. ad esempio la nozione ripetuta poi
in tutte le salse che noi fotografiamo nel mondo noi stessi... ne rimasi molto
colpito .. intanto capii che anche gli altri del club era in un travaglio come
il mio perché anche molti di loro si erano stancati delle vecchiette e del bel
culetto del bambino … bellissime foto che vincevano premi dappertutto … e io
invece pensavo con rabbia dietro il
culetto, niente..! … mi iscrissi al club e partecipai con loro alla
vicenda … certo fondamentale fu l’avvento di persone come Fazia e poi di
Franceschi, di Sergio Zen, di Gabriella Pozza che ci schiarivano le nostre idee
confuse...
interv: ..
magari in qualche caso anche i maestri
avevano le idee confuse ..?
Cavattoni: ma noi molto di più … può darsi ma loro sapevano
parlare mentre noi no … non sapevamo dire niente sulle nostre fotografie …
io ho imparato lì a spiegare agli altri le mie scelte
… quegli anni sono stati il culmine della mia attività di fotografo ma
anche della mia vicenda culturale e forse
anche per Valdagno … da allora le vecchiette sparirono dalle nostre mostre e
le nostre foto lasciavano la gente un po’ perplessa … ricordo una serata a
Vicenza .. ci andammo io, Zordan e Rossato … assistemmo alla proiezione di
bellissime diapositive di montagna e poi proiettammo le nostre che furono
accolte da un silenzio di tomba finché non intervenne uno e disse: “però
queste non sono fotografie!” … lo stesso successe in altri incontri come
ad Arzignano o a Recoaro ….
interv: ..
ecco a proposito di foto paesaggistiche
.. si può dire che l’evoluzione presso di voi fu quella di passare da
una visione da grandangolo, larga, panoramica, epifonemica ad una microscopica
.. individuale come a dire ad una personale interiorizzazione della montagna...?
Cavattoni: sì
.. messi da parte le
vecchiette uguali-diverse e i panorami illimitati abbiamo sentito il bisogno di
crearci una realtà personale ... abbiamo cominciato a vietarci al patetico …
al commovente, al dolce, al soave, al culetto infantile … a fare segni nostri
tali che se uno vede un’immagine riconosce l’autore … e poi puntavamo ad
un’immagine sempre manipolata che presentasse una composizione costruita con
qualsiasi mezzo .. quasi sempre in camera oscura .. nel cosiddetto dopoclic …
ad ognuno è venuto il bisogno di dire una cosa tutta sua che lo differenziasse
dagli altri … prendiamo Elio Rossato … egli non ha per niente abbandonato la
natura anzi … egli ha allargato la sua visuale restringendo il campo! … si
è avvicinato con l’occhio della macchina fotografica alla sua famosa neve e
vi ha visto dei segni che sono diventati la sua immagine ideale quasi religiosa
.. li ha ripetuti con costanza e fedeltà per sviscerarli fino in fondo … è
rimasto un naturalista .. un ricercatore dei segreti intimi della natura con
un’ottica molto mirata, intima … altri, come me, hanno trovato questo sfogo
nell’utilizzo della tecnologia … con manipolazioni in camera oscura o
lavorando su oggetti particolari...
interv: ..
Rossato fu maestro di un qualcosa che oggi potremmo definire minimalismo
.. come se avesse messo in pratica il proclama di Loos “l’ornamento è un delitto” o quello di Mies van den Rohe “il
meno è il meglio” … si può
affermare, Cavattoni, che il migliore frutto di quella svolta fu
l’acquisizione, per chi lo volle, di una assoluta libertà creativa e per di
più che il percorso fu lo stesso per tutti .. la stessa miscela di estetica
applicata .. ma non uniformò tutti anzi ognuno espresse originalmente se
stesso? .. ad esempio Rossato è
entrato nella natura attraverso la ricerca di frammenti irregolari scegliendo,
fra i mille segni presenti nella neve, quelli più significanti e belli per lui
mentre lei, Cavattoni, ha scelto un’altra strada che origina certo anche dalle
sue origini tecniche-ingegneristiche … non i frammenti di neve del vajo ma la
forma euclidea, i ritmi aritmetici descrivibili con equazioni matematiche ... ci
sembra eloquente la lezione di questi due casi all’estremità delle scelte ..
un comune percorso di crescita ha portato a due scelte creative
diverse e complementari ... molto bello .. questa è la libertà …
Cavattoni: .. d’accordissimo
… percorsi partiti dalla stessa radice ideologica hanno dato risultati molto
diversi .. anche Fornasa ha fatto una cosa simile a quella di Rossato … si è
avvicinato al muro e vi ha scoperto una serie di segni interessanti e tuttora li
cerca e li trova ...
interv: … sapete dove giace la radice comune delle esperienze
vostre di quegli anni? …il minimo comun denominatore vostro fu l’estremo
rigore stilistico che tutti aveste .. e alcuni continuano ad avere … senza
concessioni al facile o all’approssimativo …
Cavattoni:
.. è vero … grazie …
poi chi ha seguito una strada simile alla mia è Zordan, che però manipolava le
immagini con più spirito poetico, lirico, romantico di quanto facevo io ...
anche Loris Lorenzini ha seguito la strada della manipolazione in camera oscura
ma anche ... certo più di me che ne ero negato … le strade delle stravaganze
.. dadaiste …
interv: sì a proposito
di libertà espressiva è interessante la posizione ideologica di Lorenzini ..
egli reputava e reputa che chi fotografa una montagna o la neve o un muro è
comunque limitato dalla presenza
del soggetto e dalla sua morfologia … secondo lui la libertà è maggiore c’è
quando ce lo creiamo il nostro oggetto … e in ciò si riconosce in lei,
Cavattoni, che fu l’unico che partì dagli oggetti per trascenderli, per
costruire cose nuove...
Cavattoni: ..
beh a quei tempi ero come drogato … fissato .. avevo sempre un
libriccino in cui annotavo in continuazione idee per le fotografie da fare …
anche alla sera davanti alla televisione gli occhi erano sul video ma la testa
da un’altra parte a progettare immagini tanto che mia moglie … immaginate
cosa mi diceva … e poi le
realizzavo ‘ste annotazioni e fantasie ...
interv: ..
questa convergenza tra Lorenzini e lei potrebbe essere dovuta alla
estrazione di tipo tecnico che entrambi avete?
Cavattoni: ..
probabile … a me una curva geometrica euclidea crea un’emozione ...
anche se non mi emoziono solo di questo … ad esempio io fui molto preso dalla
preparazione e realizzazione della mostra su Valdagno nel 1972 … anche se
alcuni nel gruppo erano perplessi io ero del parere che si doveva ripetere
l’anno dopo con altri temi .. insomma si doveva coniugare l’astratto
raffinato con un altrettanto raffinato lavoro di reportage … locale o di
altrove … invece forse lì cominciò una qualche crisi all’interno del
gruppo … e il declino … ma mi consolo coi ricordi … gli incontri alla
Tomba me li sogno di notte … le fotografie attaccate al filo con le mollette,
con mogli e fidanzate... oppure ricordo … non mi vergogno di dirlo .. che io
tenevo una raccolta di oggetti in un borsone che mi portavo sempre dietro anche
quando andavo a trovare mia madre nella sua città … e mentre gli altri
giocavano con i bimbi io fotografavo i miei oggetti … davvero! .. più drogato
di così … quelle mie fotografie sono rimaste in un armadio per 25 anni e solo
adesso i miei figli le tirano fuori e le apprezzano e le capiscono e capiscono
anche perché non sono più stato capace di fare fotografie banali .. un
successo postumo...
interv: .. dalle nostre
interviste appare che in non pochi casi c’era l’impressione che la cosa
fosse una faccenda calata
dall’alto … i maestri
dall’esterno hanno detto come si fa e i fotografi ubbidienti lo hanno fatto e
questo atteggiamento di dipendenza potrebbe spiegare il fatto che quando i maestri sono spariti è finito tutto … è stato così?
Cavattoni:
chi lo sa … si erano persi i contatti certamente ma questo tipo di attività
era estremamente impegnativo, portava via tanto tempo, si lavorava fino alle 2
di notte e poi c’erano anche i costi economici per carta e prodotti chimici
…ma soprattutto un grosso impegno che poteva anche stressare... no .. direi
che il nostro gruppetto era pronto, aveva voglia di sacrificarsi e lavorare …
avendo avuto la fortuna di incontrare quei personaggi-guida ha fatto quanto
poteva e anche più .. poi come tutte le cose di questo mondo terminano .....
interv: ..
insomma fu una questione di presa di coscienza … un essere pensante che
sapendo di essere un essere pensante si sforza di pensare … semplice … .
Cavattoni: non
del tutto …io odiavo la parola “vado in gita in cerca di fotografie” perché
le fotografie non si cercano ma si trovano e per trovarle non occorre andare a
Venezia … anzi ..
interv:
.. ma forse il nostro impegno nella vita dovrebbe essere quello di cercare
piuttosto che quello di trovare il
nostro scopo è quello di raggiungere l’obiettivo, la vetta o quello della
ricerca del percorso?
Cavattoni: è vero ..
la vetta è sempre irraggiungibile e meno male che lo è … non deve mai
essere raggiunta altrimenti tutto è finito e il tutto finito è la morte … il
massimo divertimento dovrebbe stare nello sforzo di tentare di raggiungere
l’irraggiungibile...