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Città

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Pavese ha detto "Lavorare stanca", altri hanno scritto sulla "fatica di vivere".... ci sono entrambe in queste opere.

Guardare le immagini di Pierangelo Slaviero provoca subito una gran brutta impressione... tanto sono tetre e cupe.

Ma subito si capisce che non può essere un errore, non può essere che non si sia accorto... e si è indotti a soffermarsi per un attimo ancora ... ed è allora che si scopre che magari
potremmo essere anche noi tra le strade di quelle vedute aeree che riprendono la nostra via, il nostro quartiere, la nostra città... la nostra casa.
Guardando bene magari ci par di riconoscerci... Si siamo noi quella macchietta che in una grigia mattina di novembre si avventura tra le altre macchine verso l'amato lavoro dove un grigio lecchino aspetta che arrivi il capo per far vedere come sa farci fruttare.
Ci sono i vialoni, le curve, gli incroci, le piazze... grandi, come piace a qualcuno che prima di noi le ha fatte e che ci saranno dopo di noi. Mentre le case sono strette come non piace a noi. Dove lo spazio è sempre poco. E allora noi usciamo perché ci tocca uscire, perché ci piace, ma a volte, fuori,  troviamo proprio questo paesaggio urbano.
Pierangelo non è un tipo triste e nemmeno pessimista, neppure grigio... ha un umore sottile, ironico...
E perché mai avrà fatto queste foto?
No Pierangelo Slaviero non è come le sue fotografie... lui si pone nell'atteggiamento
dell' osservatore che dal suo punto di vista osserva il mondo che lo
circonda, e lo indaga, cercando di capirne gli aspetti più
paradossali e spingendo l'ipotesi all'assurdo di paragonare un freddo
circuito elettronico ad una città, (la sua?), che sta
diventando come lui l'ha rappresentata.
Abile tecnico si è cimentato in una modalità, quella della solarizzazione,
tanto difficile e sfuggevole, quanto deludente se non
la si padroneggia appieno... l'ha applicata su tutte le foto con la stessa abile precisione .
Ma quella di Slaviero non è un lamento disperato,
bensì un grido diretto a noi per
farci risvegliare dal sonno in cui, come disse Bosetti,
la città sta cadendo. Forse non riusciremo a riconoscere le nostre auto nelle sue opere,
ma forse vedremo le nostre immagini che ci aggiriamo tra quelle vie e piazze in cerca di
noi stessi.

Picasso, passatemi l'esagerato paragone, nel suo celebre Guernica, ha usato proprio quei grigi
con sapiente maestria per far capire la tristezza che rimane dopo il dolore.
Pierangelo usa i grigi per farci pensare al rischio che il grigiore, mascherato dai colori catodici,
ci invada e si trasformi in triste dolore.
Nell'era della tecnica, che da positivista apprezza, avrebbe potuto stupirci con effetti mirabolanti,
ed invece ha il coraggio di farci guardare dall'alto... giù, nel grigio,
verso le nostre strade,
verso le nostre case, dove magari, nascosti ai più, dietro alle finestre di quelle case, brillano
teneri e caldi amori.

loris lorenzini

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